Il ciclo vitale

Può un lupo cambiare il corso di un fiume e ridisegnare il contorno delle sue rive?
E i salmoni possono influire sulla crescita degli alberi?
Oppure, può una trota incidere sul drastico calo delle specie erbivore?
Ebbene sí, avete capito bene!
Queste e altre domande le pone al lettore Peter Wohlleben nel suo libro “La rete invisibile della Natura” (che vi consiglio vivamente di leggere) dandoci una nuova prospettiva sul ciclo vitale del pianeta.
La natura è paragonabile ad un un orologio, dove le rotelline dei suoi ingranaggi si incastrano l’una nell’altra, perfettamente collegate e seguendo un ordine ben preciso.
Occorre però tenere presente che qualsiasi piccolo intervento umano può provocare enormi conseguenze che difficilmente possiamo immaginare.Sarebbe opportuno non mettere le mani dove non sia strettamente necessario.
Ora cercherò di farvi capire con alcuni esempi tratti dal libro come l’equilibrio del mondo animale influisca direttamente su quello del mondo delle piante e sulla morfologia del territorio.

Gli ingranaggi della natura

Il ruolo di ruota dentata della natura lo ha sicuramente il lupo, esempio illuminante della complessità dei rapporti all’interno della natura.
L’episodio di cui vi parlerò è accaduto nel parco di Yellowstone, dove nel secolo scorso è iniziato un vero e proprio sterminio di questi predatori su pressione degli agricoltori che temevano per il loro bestiame.
Alla fine del 1926 l’ultimo branco di lupi fu ucciso, debellando così l’intera popolazione.
Nei 15 anni successivi si avvistarono solo alcuni rari esemplari, e parliamo di un territorio di quasi 9000 km quadrati!!!
Contemporaneamente però, tutte le altre specie vennero addirittura protette, come ad esempio i cervi, che durante gli inverni particolarmente rigidi venivano nutriti dai ranger.
La risposta della natura non si fece attendere a lungo.
Senza la presenza del lupo, tutte le specie che ne erano preda si moltiplicarono in modo esponenziale, al punto che alcune zone del parco vennero spogliate della vegetazione, in particolare le rive dei fiumi dove cresce la tenera erba.
La stessa fine toccò ai molti germogli dei nuovi alberi, che essendo teneri e ricchi di zucchero, sono per i cervidi un vero e proprio cioccolatino.
Ormai il meccanismo della natura era in moto, e come in un domino, altre specie cominciarono a pagarne le conseguenze. Infatti, questo scenario brullo non offriva quasi piu nessun nutrimento per molte specie di uccelli, che negli anni successivi andarono drasticamente ad estinguersi.
Con le fronde delle giovani latifoglie che finivano nello stomaco dei cervi, dalle rive dei fiumi andarono a scomparire anche salici e pioppi, che con la loro corteccia tenera e nutriente erano il cibo prediletto dei castori.
Per loro fu purtroppo la stessa sorte: senza niente da mettere sotto i denti, l’intera popolazione di questi grandi roditori andò velocemente a sparire.
Dulcis in fundo ci fu la metamorfosi delle sponde dei corsi d’acqua.
Non essendoci più vegetazione, andarono velocemente ad inaridire e le esondazioni sempre piu frequenti, trascinarono via enormi porzioni di terra.
L’erosione progredì scavando nuovi varchi nei paesaggi circostanti cambiando profondamente la morfologia del territorio.
Questa situazione andò avanti per decenni, fino al 1995, quando alcuni esemplari di lupi catturati in Canada vennero reintrodotti nel parco, per ristabilire l’equilibrio ecologico.
Negli anni successivi si produsse quello che gli scienziati chiamano “cascata trofica”.
Questo processo che permane tuttora, comporta un cambiamento dell’intero ecosistema attraverso tutta la catena alimentare partendo dall’inizio, in questo caso proprio dai lupi.

Foto Antonio Poletti

I corrieri delle sostanze nutritive

Il livello di complessità dell’ecosistema lo capiremo perfettamente in questo passaggio, dove vi illustrerò il rapporto tra alberi e pesci.
Questo succede in particolare dove il suolo è povero di sostanze nutritive e la crescita degli alberi dipende in gran parte dagli inquilini di fiumi e torrenti.
Sulla rivista scientifica “Spektrum der Wissenshaft” gli scienziati Scott M.Gende e Thomas P.Quinn riferiscono che in base alle analisi molecolari fatte si può stabilire che il 70% dell’azoto presente nella vegetazione che costeggia i fiumi è di origine marina.
Secondo le ricerche ciò determina una crescita molto rapida, tanto che in diverse specie di alberi che vivono lungo i fiumi, la crescita è di tre volte superiore rispetto a quelle che vivono in territori che ne sono privi.
Una certezza questa, che viene stabilita attraverso i risultati delle ricerche sulle molecole dei vegetali, nelle quali sono state ritrovate tracce di un elemento che di solito si trova quasi esclusivamente nel mare o nei pesci.
Si tratta dell’isotopo dell’azoto.
Infatti l’80% dell’azoto presente nei diversi esemplari di alberi analizzati
proviene dai pesci, in questo caso a portarlo è il salmone.
Analizzando la formazione degli anelli, che per l’albero sono una sorta di archivio storico, è stato possibile determinare la quantità di isotopo di azoto presente nei vari anni, fornendoci anche informazioni sulla presenza dei salmoni nelle varie epoche.
Ma andiamo a vedere come funziona nei dettagli la logistica di queste “spedizioni” di nutrienti provenienti dal mare.
Sulle coste nord americane dell’oceano Pacifico vivono numerose specie di salmoni, che in giovane età partono dalle sorgenti e si dirigono verso il mare, dove ci rimangono dai due ai quattro anni. Qui vivono e cacciano, raggiungendo peso e dimensioni ottimali.
Il più grande è il salmone reale, che raggiunge il metro e mezzo di lunghezza e 30 kg di peso. Nel corso degli anni non accumula solo muscoli ma anche massa adiposa che gli sarà indispensabile per il lungo viaggio di ritorno verso il luogo in cui è nato.
Dovrà lottare contro le correnti per centinaia di km, molte volte risalendo anche delle vere e proprie cascate.
Durante la risalita le scaglie passano da un argento metallico ad un colore rossastro e smettendo di alimentarsi il corpo si assottiglia, perdendo gran parte della massa adiposa.
Le ultime energie le risparmia per l’accoppiamento che avverrà nelle acque cristalline in cui è nato. Dopo essersi accoppiato, il salmone esala il suo ultimo respiro.
Per gli abitanti del bosco questa risalita dei salmoni si trasforma in un ricco banchetto.
I primi ad approfittarne sono i grizzly e gli orsi neri che, con i loro artigli, gettano sulle rive grandi quantità di salmoni che fluttuano nella corrente, assicurandosi così una ricca scorta di grasso per l’inverno.
All’inizio li divorano avidamente, poi man mano sono diventati più schizzinosi, e quando pescano gli esemplari più poveri di grassi e meno calorici si limitano a sbocconcellarli.
Ma niente va perso, con gli avanzi degli orsi sono possono finalmente sfamarsi visoni, volpi, uccelli rapaci e una miriade di insetti.
Questi si precipitano sui resti dei salmoni e li trascinano lontano dalle rive.
A fine banchetto rimangono sul terreno solamente lische e teste che concimano direttamente il terreno.
Inoltre, dopo il sostanzioso pasto, attraverso gli escrementi di questi animali viene rilasciata una grande quantità di azoto nelle foreste e lungo i fiumi.
A questo punto le sostanze penetrano nel terreno e vengono avidamente assorbite dalle radici degli alberi. Non è un magnifico ciclo virtuoso?

Foto Antonio Poletti

Effetto domino

Un altro esempio di quanto la natura sappia sorprenderci ce lo mostra un altro pesce, e più precisamente la trota di lago americana.
Si tratta di una specie nativa degli Stati Uniti e del Canada e la sua popolazione è gravemente a rischio.
Sono stati creati quindi costosi programmi di allevamento per favorire la sua ripresa.
Ma qualcosa non è andato come doveva.
Ancora non si sa di chi sia la colpa, se degli allevatori o dei pescatori con l’intento di aumentare le specie locali, sta di fatto che poco meno di trent’anni fa questa trota è apparsa nel lago di Yellowstone.
Il problema nasce dal fatto che nell’ecosistema del lago il posto sia occupato da un’altra specie affine, la trota iridea golarossa.
La nuova arrivata contende l’habitat alla padrona di casa, facendo di tutto per prenderne il posto, forte del fatto che la supera per dimensioni.
Ed ecco che l’orologio della natura si inceppa.
A pagare le conseguenze di questa lotta non sono solo le due specie acquatiche, ma anche un animale erbivoro che vive sulla terra, il cervo.
Ma come vi chiederete? La chiave dell’enigma è un elemento intermedio, in questo caso l’orso bruno.
L’orso cacciatore adora la trota iridea golarossa perché depone le le uova nell’acqua bassa dei ruscelli, dove ne diventa una facile preda.
Peccato che ormai per l’orso sia diventata una merce rara.
La specie invaditrice al contrario, depone le uova sul fondo del lago, dove nessun orso può raggiungere le madri stremate.
Al nostro orso non rimane che cercarsi un’altra preda da mettere nello stomaco.
Questa volta, la scelta della preda da cacciare cade su un mammifero e si trova sulla terraferma.
Si tratta di giovani cerbiatti, che purtroppo in breve tempo diventano il loro succulento banchetto, esalando quasi sempre il loro ultimo respiro tra le grinfie dell’orso.
Le conseguenze non si fanno attendere e la popolazione dei cervi cala drasticamente.
Nonostante orsi e lupi siano fondamentali per ridurre gli esemplari in esubero, in questo caso la questione non è semplice.
Mentre i lupi cacciano anche gli esemplari più anziani l’orso predilige i cuccioli.
Questa tendenza modifica profondamente la piramide delle età del branco al punto che la popolazione dei cervi invecchia, accelerando così il declino della specie.

Pensiamo bene alle nostre azioni

Credo sia evidente e ben dimostrato con estrema chiarezza il fatto che i nostri ecosistemi siano multiformi e complessi e che le alterazioni non riguardano mai una singola specie. Ogni azione porta ad una reazione, ogni piccolo cambiamento del clima porta ad inceppare i meccanismi del grande orologio della natura.
Il cambiamento climatico causato dall’inquinamento e purtroppo anche in virtù delle coltivazioni e allevamenti intensivi interferisce sempre più spesso in questo delicato ambiente con conseguenze il più delle volte irreversibili.
La frase del mio amico “Fero” (Ferruccio Valentini), lo Sciamano dei boschi, in un video per la giornata mondiale delle foreste racchiude tutto….

“Per tutelare le foreste, bisogna rispettarle come sono”

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